Era il 18 marzo quando #Putin si è presentato allo stadio Luzhniki per fare un bagno di applausi.Era l’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea e la data di nascita di Fëdor Ušakov, un ammiraglio dell’era zarista proclamato santo dalla Chiesa ortodossa russa nel 2001.
Chiaro il significato simbolico: la guerra in corso sarebbe sotto la protezione di un santo guerriero, che, tra l’altro, nel 2005 fu dichiarato patrono dei bombardieri nucleari.Fede cristiana e bombe nucleari appaiono tragicamente connesse a servizio della sicurezza dello Stato.
A inizio marzo, il patriarca di Mosca #Kirill aveva parlato di questa invasione come di «una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico». L’appello militare all’apocalisse giustifica sempre il potere voluto da un dio.
Esso è proprio, ad esempio, dello jihadismo, ma anche delle forme di suprematismo neo-crociato viste di recente negli Stati Uniti.
D’altra parte, non era lontano da questo schema teo-politico il presidente ucraino Petro #Poroshenko, in carica dal giugno 2014 al maggio 2019, quando lanciava lo slogan «Esercito, lingua e fede».
Nel dicembre 2018, il giorno dell’elezione di #Epifanio a primate della Chiesa ortodossa ucraina autocefala, nella cattedrale di Santa Sofia a Poroshenko fu riservata la cattedra «imperiale» accanto all’altare.
Quattro giorni dopo, Michael #Pompeo, segretario di Stato statunitense, si congratulava con gli ucraini, sottolineando come fosse necessario garantire la loro libertà religiosa «senza influenze esterne».