L’eredita pastorale del gesuita cardinal #Martini affonda le sue radici nella sua vita spirituale. 1/8
La spiritualità ignaziana – che può essere vissuta da ogni cristiano – ha nel discernimento la sua forza, ma quella specifica vissuta da un gesuita ha nell’obbedienza la sua spina dorsale. 2/8
L’obbedienza dei gesuiti al Papa non ha nulla di un cristianesimo servile e ossequioso. Il gesuita obbedisce perché il Papa, posto a capo della Chiesa, ha una visione più universale dei suoi bisogni: vede «oltre». 3/8
Il cardinal Martini mi ricorda che l’obbedienza si basa su una prospettiva sulla realtà più alta, capace dunque di ricevere persino missioni «eccessive». 4/8
Il gesuita è esposto all’eccesso non solo nel senso che può ricevere missioni difficili, ma nel senso che è chiamato, come dice il gesuita papa Francesco, ad avere un pensiero «incompleto» e «aperto», che «spinge la Compagnia ad essere in ricerca, creativa, generosa», aperta. 5/8
D’altra parte però, dice il Cardinale, sono gli esseri umani e i loro bisogni ad aver reso Ignazio di Loyola un visionario. 6/8
C’è dunque una visione dal basso, che nasce non dalle idee astratte, dai progetti apostolici, dai sogni…, ma dai bisogni, dal toccare con mano la carne del fratello. È il contatto con l’essere umano a rendere «visionario» un santo. 7/8
Ho sempre visto il cardinal Martini mosso da questa doppia «visione» che per me resta una sfida: dall’alto, ampia e universale; dal basso, che fa lo «zoom» sui dettagli e i singoli volti di ciascun essere umano bisognoso. 8/8